Salve a tutti, oggi vi
presento l’autore Daniele Amitrano. Lascio subito a lui la parola
nell’intervista che segue.
Ciao Daniele com’è nata
la tua passione per la scrittura? Ricordi e aneddoti particolari legati ad
essa?
La mia passione per la
scrittura penso sia congenita. Si è manifestata in maniera vigorosa nella
primissima adolescenza, quando ho iniziato a scrivere poesie, prose e ho
abbozzato anche un paio di romanzi, che non ho mai inviato ad alcuna casa
editrice e che, a rileggerli adesso, mi sembrano davvero acerbi.Un ricordo che assume
particolare connotazione col fatto che io poi abbia scritto dei romanzi, è
rappresentato dal dono che ho avuto già a tre anni di saper leggere e scrivere.
Spesso ai miei genitori non chiedevo un giocattolo in regalo, ma un quaderno e
una penna. E vi passavo le ore.
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Di cosa parlano i tuoi
libri?
Il primo, “Figli dello
stesso fango”, è un romanzo di formazione che tratta il tema del disagio
giovanile nelle sue varie sfaccettature: dalla droga all’incomunicabilità, dal
senso di ribellione verso le figure istituzionali alle prime pulsioni amorose.
Il secondo, “La bambina
che urlava nel silenzio”, è un giallo, in cui un ispettore apre un’indagine su
un suicidio che a tutti appare scontato, indirizzato da una bambina che gli
compare in sogno, lanciandogli un messaggio enigmatico e premonitore.
Hai presentato i tuoi
libri anche nelle scuole. Raccontaci un po’ questa tua esperienza. Com’è stato
incontrare dei ragazzi? Qual è il messaggio che ti senti di lasciare alle nuove
generazioni?
Una sensazione
bellissima. Quello che desideravo fare fin da quando ho iniziato a scrivere
“Figli dello stesso fango”, ossia parlare ai giovani, lasciandogli un messaggio
di speranza, perché nella vita tutti hanno il diritto di sbagliare e di provare
a vivere ed emergere nel contesto sociale, ma senza tralasciare quelli che sono
i valori che devono essere portanti per diventare un adulto per bene: la
legalità, il senso della famiglia, del sacrificio e dell’amicizia.
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