Titolo: Il SenzaVoce
Autore: Maria Fazio
Casa editrice/self: self
Data di uscita: 29/08/2018
Formato: Cartaceo e ebook
Pagine: 186
Prezzo: E-book 2,99
Cartaceo 14,90
Link d’acquisto: IBS
Sinossi
Nell'immaginario regno di Sirràdh, un mondo maltrattato dai soprusi della magia, dove il vento non "respira" più, il SenzaVoce è un ragazzino con il viso sporco di fuliggine, che indossa un berretto sgualcito e comunica tramite gesti buffi.
Questo ragazzino allegro e vivace si ritrova per caso a intraprendere una pericolosa avventura in compagnia di Odrem il principe del regno di Sirràdh, insieme al quale cercherà di contrastare la magia cattiva e lotterà per far soffiare nuovamente il vento.
Un romanzo che mostra l'importanza di non fidarsi delle apparenze, e di dare Voce alla propria identità.
Presentazione del libro
Romanzo fantasy dedicato a un pubblico giovane ma con spunti interessanti anche per gli adulti.
In questo romanzo il giovane protagonista è un vagabondo senza meta e senza una casa, che vive in un regno privo di “vento”.
Il SenzaVoce è un ragazzino vivace e furbo, che non parla ma che si fa comprendere benissimo a gesti, e che incontrerà il principe Odrem e i suoi due amici, con i quali deciderà di intraprendere una pericolosa avventura, senza immaginare fin dove lo condurrà.
Una storia che parla dell’importanza di dare Voce alla propria identità, e di amicizia fra persone molto diverse.
Ma le apparenze possono ingannare e dietro il silenzio si nasconde un segreto.
Per approfondire: http://finestrasulmondo.net/chi-e-il-senzavoce/
Estratto
UN FREDDO RISVEGLIO
Capitolo 1
Il ragazzino dal viso sporco si trascinò fuori da un carretto poggiandosi sui gomiti e si sollevò a sedere. Le giunture gli facevano un po’ male.
Poi si alzò in piedi di scatto, con le palpebre ancora mezzo chiuse per il sonno, e un berretto abbassato quasi sugli occhi.
Eccomi qui! Sbuco fuori annusando l’aria, come un ghiro spelacchiato che vada curiosando dopo il letargo invernale.
Spalancò le braccia per stiracchiarsi e la
sua mano andò quasi a colpire in faccia un vagabondo dalla barba
grigia che aveva trascorso la notte in mezzo alla strada, proprio come
lui.
«Hey! Ti sei rimbambito oppure vuoi
abbacinarmi?»
Il ragazzino ritrasse il braccio avvolto
nella manica di stracci, e si piegò in due con una specie di inchino
buffo, volteggiando su un piede solo, per chiedergli scusa.
Il vecchiaccio mugugnò qualcosa, ma non gli
aveva fatto male e si rassegnò a dire: «Tanto non parli. Non cè
gusto a litigare con te, SenzaVoce. Puah!»
Il ragazzo fece un balzo indietro e finse
di mettersi in guardia. Il vecchio ripiegò leggermente la schiena in
avanti, e le ossa scricchiolarono.
«Io sono troppo vecchio per fare a pugni e
tu troppo giovane per reggerti in piedi. Lascia stare».
Con chi crede di avere a che fare questo
vecchiaccio? Con un ragazzino qualsiasi? Io sono il SenzaVoce! Agile e
scaltro come nessun altro.
Io sono una trottola. Giro e giro. Solo che
ogni tanto cozzo contro qualche spigolo aguzzo. Ma va, è solo un
vecchietto.
Lo salutò con un cenno della testa e si
allontanò salterellando allegramente.
Dopo qualche centinaio di passi il ragazzo
andò a sedersi su di un muretto, e lì rimase con le gambe a
penzoloni e lo sguardo distratto a guardare l’alba del nuovo giorno.
Il SenzaVoce era un orfano vagabondo che
non parlava ma i suoi pensieri non stavano mai zitti.
Quando il sole fu spuntato del tutto
all’orizzonte saltò giù dal muretto e cominciò a camminare a piedi
scalzi.
Mi piace stare a piedi nudi, la terra mi fa
sentire che posso decidere dove andare, anche se non cè nulla da decidere.
Tutto è triste quanto il fondo d’un pozzo.
Il SenzaVoce viveva nel regno di Sirràdh,
il quarto di nove regni, in un tempo in cui indisponenti streghe
raggrinzite e stregoni ombrosi terrorizzano al loro passaggio la
povera gente.
Si soffermò ad osservare una lucertolina
rossa che si arrampicava con pazienza lungo un muro in pietra
bianca. Gli angoli della pietra erano erosi dal tempo.
La creaturina rossastra si muoveva
lentamente verso un’intercapedine che appariva tra i blocchi di roccia
allineati, e poi vi si rifugiò svanendo alla vista.
Il ragazzo sbadigliò e si calcò il berretto
sulla testa.
Pensò che in quella terra disseminata da
maledizioniera un bene riuscire a passare inosservati come le
lucertoline.
Sbadigliò ancora. Il nuovo giorno era
appena cominciato ma si sentiva più stanco di quando era andato a
dormire.
Non aveva dormito in un buon riparo e
durante la notte si era raggomitolato in una coperta sgualcita,
cercando invano una posizione per prendere sonno.
Era difficile trovare un posto tranquillo
in cui riposare perché nessuno si fidava di nessuno. Colpa della
magia.
Le calamità in naturali seminate dalla
magia, terrorizzavano la popolazione.
Si era svegliato con la coperta arrotolata
intorno alle spalle e alla testa, mentre il freddo era talmente
intenso nell’aria del mattino da
penetrargli dentro il respiro e ferirgli la
pelle del viso.
L’umidità di quella nuvolosa mattina
d’inizio inverno trapassava gli abiti e corrodeva le ossa.
Se le mie ossa fossero di ferro sarebbero
arrugginite.
Adesso il SenzaVoce aveva voglia di
camminare.
Durante la notte aveva temuto che la
temperatura scendesse troppo raggelandogli il cervello e la capacità
di pensare.
A volte capitava e giungeva la follia. Un
tipo insieme al quale aveva viaggiato per un po’ era finito così.
Una sera prima di addormentarsi aveva detto
scherzando: «Ottimo posto per riposare. Soprelevato. Bel
panorama».
Il SenzaVoce gli aveva risposto con un
gesto buffo spalancando le braccia e ispirando profondamente.
«Sì, esatto. Respiriamo tanta bella aria
fresca».
Quella mattina era stata particolarmente
gelida e il tipo si è svegliato urlando e tempestandosi la testa di
pugni, come se gli esplodesse.
Dopo un poco qualcuno ne aveva avuto pietà
e gli aveva dato una botta con una spranga in testa.
Soltanto così si era rasserenato. Morendo.
Ma adesso bisognava pensare al nuovo
giorno. Il freddo stava svanendo dall’aria e dalle ossa e il SenzaVoce
era certo che sarebbe stata una bella giornata.
Dato che il giorno precedente era rimasto
digiuno sperava in una sorte benevola.
Me lo merito! Sono stanco, ho fame e ho
bisogno di rimettermi di buon umore.
Attraversò le vie di un paesetto di
casupole malandate.
Alcune porte di legno erano aperte e si
potevano vedere oltre gli usci alcune donne impegnate a lavorare
l'argilla, per costruire pazientemente i recipienti di utilizzo quotidiano. Quasi nessuno poteva permettersi di acquistare scodelle e
tegami fabbricati dagli artigiani, e quindi ci si doveva arrangiare.
Camminando vide passare un tizio con una carriola
ricolma di legna. Gli passò accanto frettolosamente un
signore “troppo” ben vestito, con un grosso naso rosso in mezzo
alla faccia, a cui s'incagliò la punta del soprabito su uno dei tanti
tronchi da ardere accatastati nella carriola.
Il contatto tra il tronco e l'abito fu
leggerissimo ma il ragazzo se ne accorse.
Sulla delicata e preziosa stoffa del
soprabito rimase un filo sporgente e la tentazione fu troppo forte! Il
monello si avvicinò con disinvoltura al tizio dal naso rosso, agganciò
il filo sporgente con due dita e cominciò a camminare dietro di lui,
lasciando che la stoffa si sfilasse velocemente.
Il gomitolo tra le sue mani aumentava e la
stoffa del soprabito si scucì in pochi secondi. Prima che il tizio
cominciasse a sentire freddo e si accorgesse di avere la ginocchia
scoperte, e che il colore delle sue mutande diventasse di dominio pubblico,
il ragazzo se la svignò nella direzione meno prevedibile.
Però restò nei paraggi per godersi la
scena.
Le urla sdegnate si udirono come un’eco
fino alle montagne. E le polifoniche risate della gente ancora più
lontano, fin oltre il mare.
«Chi ha osato!» Il tizio elegante si coprì
inutilmente il didietro con entrambe le mani, sbraitando come un cane
rabbioso. Il suo naso non avrebbe potuto essere più rosso e anche le orecchie
erano addirittura porpora .
Che spasso!
«Tu! Hai visto chi è stato? E tu?»
«No, signore. Proprio no».
«Io non ho visto nulla».
«Mi dispiace, non saprei».
I malcapitati presenti che vennero
assoggettati al bizzarro interrogatorio si sforzavano di non ridere.
«Se lo scopro, se lo scopro… morirà».
Ma io di certo non ho intenzione di andarmi
a presentare.
Contatti dell’autore
faziomaria25@gmail.com
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