mercoledì 7 novembre 2018

Segnalazione de "Il SenzaVoce"


Titolo: Il SenzaVoce 

Autore: Maria Fazio 

Casa editrice/self: self

Data di uscita: 29/08/2018

Formato: Cartaceo e ebook 

Pagine: 186

Prezzo: E-book 2,99 

 Cartaceo  14,90

Link d’acquisto: IBS






Sinossi   


Nell'immaginario regno di Sirràdh, un mondo maltrattato dai soprusi della magia, dove il vento non "respira" più, il SenzaVoce è un ragazzino con il viso sporco di fuliggine, che indossa un berretto sgualcito e comunica tramite gesti buffi. 


Questo ragazzino allegro e vivace si ritrova per caso a intraprendere una pericolosa avventura in compagnia di Odrem il principe del regno di Sirràdh, insieme al quale cercherà di contrastare la magia cattiva e lotterà per far soffiare nuovamente il vento.


Un romanzo che mostra l'importanza di non fidarsi delle apparenze, e di dare Voce alla propria identità.

 

 

 

 

Presentazione del libro


Romanzo fantasy dedicato a un pubblico giovane ma con spunti interessanti anche per gli adulti.


In questo romanzo il giovane protagonista è un vagabondo senza meta e senza una casa, che vive in un regno privo di “vento”.


Il SenzaVoce è un ragazzino vivace e furbo, che non parla ma che si fa comprendere benissimo a gesti, e che incontrerà il principe Odrem e i suoi due amici, con i quali deciderà di intraprendere una pericolosa avventura, senza immaginare fin dove lo condurrà.


Una storia che parla dell’importanza di dare Voce alla propria identità, e di amicizia fra persone molto diverse.


Ma le apparenze possono ingannare e dietro il silenzio si nasconde un segreto. 


Per approfondire: http://finestrasulmondo.net/chi-e-il-senzavoce/


 


Estratto


UN FREDDO RISVEGLIO


Capitolo 1


Il ragazzino dal viso sporco si trascinò fuori da un carretto poggiandosi sui gomiti e si sollevò a sedere. Le giunture gli facevano un po’ male. 

Poi si alzò in piedi di scatto, con le palpebre ancora mezzo chiuse per il sonno, e un berretto abbassato quasi sugli occhi. 

Eccomi qui! Sbuco fuori annusando l’aria, come un ghiro spelacchiato che vada curiosando dopo il letargo invernale. 

Spalancò le braccia per stiracchiarsi e la sua mano andò quasi a colpire in faccia un vagabondo dalla barba grigia che aveva trascorso la notte in mezzo alla strada, proprio come lui.
«Hey! Ti sei rimbambito oppure vuoi abbacinarmi?» 
Il ragazzino ritrasse il braccio avvolto nella manica di stracci, e si piegò in due con una specie di inchino buffo, volteggiando su un piede solo, per chiedergli scusa.
Il vecchiaccio mugugnò qualcosa, ma non gli aveva fatto male e si rassegnò a dire: «Tanto non parli. Non cè gusto a litigare con te, SenzaVoce. Puah!»
Il ragazzo fece un balzo indietro e finse di mettersi in guardia. Il vecchio ripiegò leggermente la schiena in avanti, e le ossa scricchiolarono.
«Io sono troppo vecchio per fare a pugni e tu troppo giovane per reggerti in piedi. Lascia stare».
Con chi crede di avere a che fare questo vecchiaccio? Con un ragazzino qualsiasi? Io sono il SenzaVoce! Agile e scaltro come nessun altro.
Io sono una trottola. Giro e giro. Solo che ogni tanto cozzo contro qualche spigolo aguzzo. Ma va, è solo un vecchietto.
Lo salutò con un cenno della testa e si allontanò salterellando allegramente.
Dopo qualche centinaio di passi il ragazzo andò a sedersi su di un muretto, e lì rimase con le gambe a penzoloni e lo sguardo distratto a guardare l’alba del nuovo giorno.
Il SenzaVoce era un orfano vagabondo che non parlava ma i suoi pensieri non stavano mai zitti.
Quando il sole fu spuntato del tutto all’orizzonte saltò giù dal muretto e cominciò a camminare a piedi scalzi.
Mi piace stare a piedi nudi, la terra mi fa sentire che posso decidere dove andare, anche se non cè nulla da decidere. Tutto è triste quanto il fondo d’un pozzo.
Il SenzaVoce viveva nel regno di Sirràdh, il quarto di nove regni, in un tempo in cui indisponenti streghe raggrinzite e stregoni ombrosi terrorizzano al loro passaggio la povera gente.
Si soffermò ad osservare una lucertolina rossa che si arrampicava con pazienza lungo un muro in pietra bianca. Gli angoli della pietra erano erosi dal tempo.
La creaturina rossastra si muoveva lentamente verso un’intercapedine che appariva tra i blocchi di roccia allineati, e poi vi si rifugiò svanendo alla vista.
Il ragazzo sbadigliò e si calcò il berretto sulla testa.
Pensò che in quella terra disseminata da maledizioniera un bene riuscire a passare inosservati come le lucertoline.
Sbadigliò ancora. Il nuovo giorno era appena cominciato ma si sentiva più stanco di quando era andato a dormire.
Non aveva dormito in un buon riparo e durante la notte si era raggomitolato in una coperta sgualcita, cercando invano una posizione per prendere sonno.
Era difficile trovare un posto tranquillo in cui riposare perché nessuno si fidava di nessuno. Colpa della magia.
Le calamità in naturali seminate dalla magia, terrorizzavano la popolazione.
Si era svegliato con la coperta arrotolata intorno alle spalle e alla testa, mentre il freddo era talmente intenso nell’aria del mattino da
penetrargli dentro il respiro e ferirgli la pelle del viso.
L’umidità di quella nuvolosa mattina d’inizio inverno trapassava gli abiti e corrodeva le ossa.
Se le mie ossa fossero di ferro sarebbero arrugginite.
Adesso il SenzaVoce aveva voglia di camminare.
Durante la notte aveva temuto che la temperatura scendesse troppo raggelandogli il cervello e la capacità di pensare.
A volte capitava e giungeva la follia. Un tipo insieme al quale aveva viaggiato per un po’ era finito così.
Una sera prima di addormentarsi aveva detto scherzando: «Ottimo posto per riposare. Soprelevato. Bel panorama».
Il SenzaVoce gli aveva risposto con un gesto buffo spalancando le braccia e ispirando profondamente.
«Sì, esatto. Respiriamo tanta bella aria fresca».
Quella mattina era stata particolarmente gelida e il tipo si è svegliato urlando e tempestandosi la testa di pugni, come se gli esplodesse.
Dopo un poco qualcuno ne aveva avuto pietà e gli aveva dato una botta con una spranga in testa.
Soltanto così si era rasserenato. Morendo.
Ma adesso bisognava pensare al nuovo giorno. Il freddo stava svanendo dall’aria e dalle ossa e il SenzaVoce era certo che sarebbe stata una bella giornata.
Dato che il giorno precedente era rimasto digiuno sperava in una sorte benevola.
Me lo merito! Sono stanco, ho fame e ho bisogno di rimettermi di buon umore.
Attraversò le vie di un paesetto di casupole malandate.
Alcune porte di legno erano aperte e si potevano vedere oltre gli usci alcune donne impegnate a lavorare l'argilla, per costruire pazientemente i recipienti di utilizzo quotidiano. Quasi nessuno poteva permettersi di acquistare scodelle e tegami fabbricati dagli artigiani, e quindi ci si doveva arrangiare.
Camminando vide passare un tizio con una carriola ricolma di legna. Gli passò accanto frettolosamente un signore “troppo” ben vestito, con un grosso naso rosso in mezzo alla faccia, a cui s'incagliò la punta del soprabito su uno dei tanti tronchi da ardere accatastati nella carriola.
Il contatto tra il tronco e l'abito fu leggerissimo ma il ragazzo se ne accorse.
Sulla delicata e preziosa stoffa del soprabito rimase un filo sporgente e la tentazione fu troppo forte! Il monello si avvicinò con disinvoltura al tizio dal naso rosso, agganciò il filo sporgente con due dita e cominciò a camminare dietro di lui, lasciando che la stoffa si sfilasse velocemente.
Il gomitolo tra le sue mani aumentava e la stoffa del soprabito si scucì in pochi secondi. Prima che il tizio cominciasse a sentire freddo e si accorgesse di avere la ginocchia scoperte, e che il colore delle sue mutande diventasse di dominio pubblico, il ragazzo se la svignò nella direzione meno prevedibile.
Però restò nei paraggi per godersi la scena.
Le urla sdegnate si udirono come un’eco fino alle montagne. E le polifoniche risate della gente ancora più lontano, fin oltre il mare.
«Chi ha osato!» Il tizio elegante si coprì inutilmente il didietro con entrambe le mani, sbraitando come un cane rabbioso. Il suo naso non avrebbe potuto essere più rosso e anche le orecchie erano addirittura porpora .
Che spasso!
«Tu! Hai visto chi è stato? E tu?»
«No, signore. Proprio no».
«Io non ho visto nulla».
«Mi dispiace, non saprei».
I malcapitati presenti che vennero assoggettati al bizzarro interrogatorio si sforzavano di non ridere.
«Se lo scopro, se lo scopro… morirà».
Ma io di certo non ho intenzione di andarmi a presentare.


 Contatti dell’autore
faziomaria25@gmail.com 

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